martedì 19 marzo 2013

L'Amore in salsa agrodolce - L'amore torna (Love Returns) de la Luna Dance Theater



L’amore in salsa agrodolce
L’amore torna (Love Returns), Luna Dance Theater
Teatro Studio alla Mole, Ancona, 3 marzo 2013

Simona Ficosecco ne L'amore torna (Love Returns)
Scarpe, il rumore pesante di scarpe col tacco è l’introduzione cacofonica a questo ironico pezzo di teatro danza. Tre donne entrano sul palco battendo i piedi con i loro tacchi, fermandosi a metà del palco mostrando la schiena al pubblico e facendo un respiro profondo. È l’inizio perfetto per un’opera sull’amore, o meglio sul desiderio di amore che le fa soffrire e sognare durante tutto il pezzo. Un pezzo che ha debuttato a Sirolo nel 2011, è stato poi presentato a New York l’anno scorso, è andato ora in scena in Ancona dove la Compagnia risiede e lavora dal 1990 e sarà a Palermo il prossimo 1 settembre.
 
La coreografia di Simona Ficosecco è scherzosa e piena di interessanti invenzioni con assoli davvero belli per se stessa e le altre due danzatrici, Désirée Storani e Daniela Manetta ed energetiche coreografie di gruppo di solito danzate all’unisono. Il suo stile è caratterizzato da efficaci movimenti ripetuti come quello della parte iniziale dove le tre danzatrici si girano verso il pubblico come per dire o fare qualcosa per poi tornare nella posizione iniziale o quello in cui Ficosecco giace sul tavolo con braccia e gambe che lascia cadere giù in modo frenetico e insistente e con Storani che le prende e rimette 'a posto'.

Vi sono tre oggetti che riempiono il piccolo palco: un tavolo, una sedia in legno e un divano rosso. Tre semplici oggetti che danno il via a diverse frasi coreografiche, come la scena domestica agrodolce in cui a Ficosecco viene chiesto di stirare una montagna di vestiti, richiesta alla quale risponde stirandosi invece i capelli. O l’assolo lirico che Ficosecco crea per Storani sul divano, un assolo che la danzatrice danza con la giacca di un completo maschile, l’unico relitto rimasto di un amore che sembra essersene andato per sempre. Storani indossa la giacca con il didietro sul petto, la annusa, ci giace sopra sul divano nel tentativo di catturare di nuovo la presenza del suo amato. Particolarmente interessante è il contrasto fra i movimenti approssimativi delle braccia mentre sta sul divano e l'elegante articolazione del corpo durante l'assolo sul palco.

In un altro momento Manetta interpreta la parte più divertente del pezzo incentrata sul suo reiterato bisogno di bere alcol. L’amore ci delude e bere sembra essere l’unica via d’uscita. Manetta chiede a Ficosecco di bere del liquore rosa. Ficosecco la asseconda, ma Manetta continua a chiederne ancora, mostrando ogni volta una postura differente: restando in piedi, salendo sulla sedia, restando fuori dal palco con il bicchiere in mano che sporge dalle quinte, giacendo a terra e così via.

L’atmosfera è un po’ retro' con canzoni tipo “Tu che m’hai preso il cuor” che  acquisiscono un tono parodico quando inserite in certe invenzioni coreografiche. In particolare, la canzone sopramenzionata viene suonata quando Manetta si mette la sedia sulle spalle e inizia a chiedere da bere.

Ficosecco danza la frase più spettacolare del pezzo, indossando un abito da sera rosso la cui gonna verrà poi tirata su in modo da mostrare le gambe e Manetta le versa addosso un secchio pieno di piume bianche. La regia di Cristiano Marcelli è inoltre fatta in modo intelligente con un utilizzo delle luci raffinato che mette in evidenza la coreografia di Ficosecco particolarmente bene.

In generale Ficosecco gioca con l’idea stereotipata dell’amore visto come un ideale romantico, come l’unione perfetta di una coppia (eterosessuale?). Questo tipo di amore non tornerà mai, perché non esiste. Come sottolinea Eva Illouz nel suo pionieristico e molto dibattuto libro, WhyLoveHurts (Perché l’amore fa soffrire, sarà presto disponibile anche in italiano, qui una recensione), l’amore è anche “plasmato dalle relazioni sociali e dalle istituzioni” e rivela i cambiamenti taglienti che sono avvenuti nei rapporti uomo-donna durante il ventesimo secolo. È molto più complesso e sottile di quello che viene perpetrato dall’istituzione del matrimonio. È necessario quindi riesaminarlo in termini differenti, con una visione diversa nei confronti del modo in cui viviamo le nostre emozioni e di cosa ci aspettiamo dagli altri.
Désirée Storani ne L'amore torna (Love Returns)

La fine dell’opera è, in questo senso, paradigmatica con l’arrivo di una sposa vestita di bianco interpretata da Cristiana Taddei, seguita da quattro danzatori, Manuel Di Gioia, Giovanni Galeazzi, Alessio Kgi Giaccaglia and Nicola Sabbatini. Taddei si siede mostrando le gambe con i ragazzi che la circondano e posano in pose macho baciandole a turno la fronte. È divertente e amara allo stesso tempo, come una salsa agrodolce. 

Gli uomini sono i grandi assenti di quest’opera, vengono evocati attraverso il sopramenzionato assolo con giacca e in alter frasi coreografiche, ma si mostrano solo come le caricature di se stessi nella scena finale. Questo implica forse che sono visti come inaffidabili e immaturi? Forse, almeno ad un primo sguardo. Ma significa anche che le donne esagerano nell’investire troppo tempo per prepararsi per incontrarli senza tentare forse un'interazione più proficua. Vi sono due scene divertenti al riguardo, una in cui Ficosecco mette degli abiti da sera sul suo abito con delle mollette e l’altra in cui Manetta interpreta una cartomante che legge le carte prima che Ficosecco vada al suo appuntamento.

E quindi cosa significa il titolo L’amore torna? Significa molte cose, significa che l’amore è una forza tremenda che dovrebbe essere maneggiata con cura, significa che ha molte facce e non tutte sono degne della nostra energia e significa che dovrebbe essere vissuto con leggerezza ma non con superficialità. L’amore c’è, l’amore ci lascia, l’amore torna…


Qui una clip del pezzo, che è stato sponsorizzato dall’Amat all’interno del progetto Off/side Teatro del presente, il Comune di Ancona, la Compagnia VicoloCorto, il Teatro Stabile delle Marche e la Fondazione Teatro delle Muse.

19 marzo 2013

mercoledì 13 marzo 2013

Collisione di corpi – What the Body Does Not Remember di Wim Vandekeybus


COLLISIONE DI CORPI
What the Body Does Not Remember (Cosa il corpo non ricorda) di Wim Vandekeybus
Teatro delle Muse, Ancona, 22 febraio 2013.

 1987: Wim Vandekeybus crea What the Body Does Not Remember (Cosa il corpo non ricorda) per la sua compagnia Ultima Vez a Inteatro, Polverigi (Ancona). La coreografia ha un successo internazionale e dichiara il coreografo fiammingo una delle voci più interessanti ed eccitanti del panorama della danza contemporanea.
2013: Vandekeybus torna nelle Marche e presenta di nuovo questo pezzo che risulta altrettanto provocatorio e stimolante ed è accolto da un pubblico entusiasta.

I corpi entrano in collisione in questo lavoro pieno di energia. Corrono da un lato all’altro del palco, corrono uno contro l’altro, camminano, saltano e lottano freneticamente in un’atmosfera di instabilità e alienazione. Ci sono almeno sei differenti sezioni sottolineate da temi legati a movimenti, luci e oggetti. La prima sezione è assolutamente straordinaria, con due file di riflettori sui due lati del palco posizionati a terra e due danzatori che si muovono tra di essi. Il loro movimento poi cade sotto il controllo sonoro prodotto da una danzatrice che batte o anche sfiora le mani su di un tavolo in fondo al palco al centro. È un effetto ipnotico affascinantissimo.

Un’altra sezione presenta tutti e nove i danzatori del pezzo che interagiscono con dei mattoni bianchi di dimensioni differenti. Stanno in piedi sopra di essi, se li lanciano, li lanciano in aria, ci costruiscono delle piccole strutture. Se da un lato l’atmosfera ricorda quella giocosa di un circo, dall’altro lato l’incapacità dei danzatori di stabilire contatti duraturi crea un senso di disorientamento.

Il tipo di movimento creato da Vandekeybus sembra all’apparenza approssimativo e impreciso, aggressivo e veloce, ma è il risultato di una studio molto attento. In un’altra sezione i danzatori camminano dal fondo del palco a sinistra fino al proscenio a destra indossando, giocando con e lanciando asciugamani colorati. È un pezzo ironico dove il vestirsi e svestirsi rappresenta un escamotage ingegnoso e dinamico.

Vandekeybus è davvero bravo ad ottenere il massimo dagli oggetti, come mattoni o anche sedie, che rappresentano il cuore di un’altra sezione di nuovo caratterizzata da una buona dose di ironia. In una frase coreografica un uomo siede su di una delle due sedie bianche in scena e una ragazza arriva e si siede sulle sue ginocchia. Si addormenta ed egli si toglie la sua maglietta senza svegliarla. È un duetto tenero dove un insolito Vandekeybus emerge rispetto alle danze dure che mostra nel resto dell’opera. 

In ancora un'altra sezione vi sono tre coppie che mostrano una qualità di movimento drasticamente diversa, con le danzatrici che ripetutamente assumono la postura di stare in piedi con piedi e braccia in seconda posizione mentre i loro partner maschili toccano i loro corpi. L'insistenza di Vandekeybus su questa relazione tende a reificare un po' troppo il corpo femminile, le danzatrici avrebbero potuto eseguire lo stesso pezzo sui corpi dei loro parnter, ma non lo fanno. Secondo Judith Mackrell, "Vandekeybus non scrive in maniera particolarmente ingegnosa per le donne" e forse questo è un buon esempio.

E allora cos’è che il corpo non ricorda? È un movimento quotidiano tipo indossare un asciugamano, stare seduti su di una sedia? O è l’importanza di comunicare, di stabilire contatti fra le persone? Forse nessuna di queste cose e tutte quante allo stesso tempo. Ho davvero apprezzato la collisione di corpi e il senso di precarietà (ancora oggi così attuale!) implicito nel pezzo. Il lavoro è incredibilmente bello e idanzatori una vera meraviglia.

Questo evento è stato organizzato anche dall’Amat e dal Comune di Ancona.

Qui una clip del pezzo.

13 marzo 2013

mercoledì 6 marzo 2013

Donna e Danza - Binomio Im/perfetto



DONNA E DANZA: BINOMIO IM/PERFETTO
A cura di Rosella Simonari


Una donna che danza è esempio perfetto di seduzione. Questo esempio spesso però ne cela un altro, quello della reificazione, del ridurre la donna al suo corpo. Il binomio allora si incrina e perde la sua perfezione, aprendo la via allo stereotipo. Partire da questa imperfezione per analizzare il rapporto fra donna e danza è lo scopo di questo ciclo di incontri ideato dalla storica della danza Rosella Simonari. Ciclo suddiviso in tre appuntamenti, ognuno dei quali dedicato ad una particolare declinazione del tema:

11 marzo 2013 – Una coreografia: Il lago dei cigni.
Capolavoro del tardo romanticismo (1895), Il lago esemplifica la concezione ottocentesca della donna come angelo o diavolo attraverso le due protagoniste femminili, Odette, il cigno bianco e Odile, il cigno nero.

26 marzo 2013 – Una coreografa: Martha Graham.
Danzatrice straordinaria, coreografa prolifica e forgiatrice di una tecnica di danza rivoluzionaria, Graham (1894-1991) scardina le regole del linguaggio della danza del Novecento proponendo coreografie quasi sempre incentrate su figure femminili forti e indipendenti.

11 aprile 2013 – Un mezzo di comunicazione: la televisione.
Se negli anni Settanta, Ottanta e in parte Novanta, la danza in televisione ha avuto un suo spazio come arte di intrattenimento all’interno di spettacoli come Canzonissima e Fantastico, fra gli anni Novanta e Duemila, è stata progressivamente svilita da programmi come l’Eredità o Striscia la notizia.


Vista la capienza limitata a 35 posti ca. vi invitiamo a sincerarvi della loro disponibilità!

ORE: 21.15

DOVE: Moustache, Via del Fortino 1/b, Jesi (An)

INFO: 3286443996 


6 marzo 2013