giovedì 24 ottobre 2013

Incontro con Rebecca Murgi

Incontro con Rebecca Murgi

Che cos’è la danza contemporanea? Che cosa la differenzia per esempio dall’hip hop o dalla salsa? È solo una questione di tecnica del movimento? O c’è dell’altro? Stasera, 24 ottobre, alle ore 21.00, all’interno della serie di eventi Atelier 68/ter, intervisterò Rebecca Murgi, esponente della danza contemporanea marchigiana, nazionale e internazionale, dove si rifletterà su queste domande. Con Murgi si ripercorrerà la sua formazione ed esperienza come danzatrice e coreografa e si parlerà del corso che tiene a Jesi, presso gli spazi del TNT, con una lezione aperta eseguita dalle ragazze che si sono già iscritte al corso.


Quando: 24 ottobre 2013, ore 21:00  
Dove: Spazio Comune Autogestito TNT, Via Gallodoro 68/ter, Jesi (Ancona)

24 ottobre 2013

mercoledì 16 ottobre 2013

Degas e il balletto a Jesi (Ancona)

Lezione spettacolo a cura di Rosella Simonari      
Parte di Atelier 68/ter, 18-26 ottobre 2013

Lezione: Rosella Simonari
Danza: Cristina Squartecchia
Tromba: David Uncini

Edgar Degas (1834-1917) è pittore e scultore francese abilissimo nel rendere il movimento. E più della metà delle sue opere sono dedicate al balletto, tipo di danza particolarmente celebre al suo tempo. Egli osserva e disegna innumerevoli schizzi delle ballerine mentre eseguono esercizi e passi di danza. Il suo sguardo non è quasi mai volto a ritrarle al centro della scena, ma mentre si riposano, mentre si allenano alla sbarra, mentre si preparano ad andare in scena. Egli mostra che la danza è, al di là dell’atmosfera eterea e sognante che la caratterizza, un lavoro che richiede dedizione e disciplina. Il suo è uno sguardo obliquo, indiscreto e finissimo nel rendere questo linguaggio, tanto da superare in bravura la nascente arte della fotografia che a fine Ottocento non aveva ancora la tecnologia che ha oggi per dare l’idea del corpo in movimento.
  
La lezione spettacolo, ideata dalla storica della danza Rosella Simonari, intende presentare la figura di Degas pittore di ballerine analizzando alcune delle sue opere più celebri e inserendolo nel contesto del milieu culturale del suo tempo. A rendere vivi i quadri e le sculture di Degas saranno delle sezioni danzate dalla ballerina Cristina Squartecchia su musiche del trombettista jazz David Uncini. 
Quando: 23 ottobre 2013, ore 21:00  

Dove: Spazio Comune Autogestito TNT, Via Gallodoro 68/ter, Jesi (Ancona)

Info: 3286443996


16 ottobre 2013

lunedì 7 ottobre 2013

Apparizioni e sparizioni


Apparizioni e sparizioni – Hexperimenta
Progetto di residenza
Mole Vanvitelliana, Ancona, 2-11 agosto 2013, ore 17-21

Hexperimenta all'ingresso della Mole, foto R.S.
La danza è un’arte che si muove nel tempo e nello spazio. Per quanto concerne il secondo di solito si va a vedere uno spettacolo in un teatro, che è uno spazio ben definito, sia per quanto riguarda la delimitazione perimetrica a disposizione di coreografi e danzatori che per la suddivisione dello spazio in modo piuttosto organizzato e strutturato con il pubblico in platea e sui palchi e gli artisti sul palco. Già dagli anni Sessanta questa suddivisione viene messa in discussione dagli esponenti statunitensi della postmodern dance che uscirono dai teatri per sperimentare una forma diversa di fare danza all’interno degli spazi urbani. Trisha Brown, per esempio, nel 1970 ideò la radicale performance Man Walking Down the Side of a Building, dove un danzatore collegato a delle funi percorreva camminando il muro laterale di un palazzo.

Come cambia il rapporto fra danza, spazio e pubblico in casi come questo? A questo proposito, lo scorso agosto vi è stato un interessante progetto di residenza ad opera dell’Associazione Hexperimenta di Stefania Zepponi, presso la Mole Vanvitelliana di Ancona. Si tratta di Apparizioni e sparizioni, progetto che per nove giorni ha visto quattro danzatrici, Clementina Verrocchio, Silvia Manoni, Deborah Montefalcone e Zepponi stessa, studiare gli spazi architettonici della Mole per costruire dei percorsi coreografici in loco. Il percorso si è avvalso della collaborazione dell’architetto Anna Paola Quargentan che ha fatto parlare i muri della Mole, dando loro un contesto, un senso rispetto a quello che erano e che sono.

La Mole Vanvitelliana fu progettata dall’architetto Luigi Vanvitelli e costruita fra il 1733 e il 1743. Ha acquisito solo di recente il presente nome, in quanto prima era conosciuta come il Lazzaretto, dato che era il luogo preposto per il deposito di merci e e lo stazionare di persone che venivano da fuori e che dovevano essere sottoposte ad una quarantena. Serviva inoltre a difendere il porto. È costruito su di un’isola artificiale ed ha la forma di un pentagono con un cortile interno che ospita un tempietto dedicato a San Rocco, il santo protettore dei malati di peste.

Hexperimenta ha individuato degli spazi specifici dove mettere in pratica il progetto, come l’ingresso che è costituito da un corridoio che collega l’entrata della Mole con il cortile interno; l’ampio canalone delimitato dalle mura esterne da un lato e da quelle interne dall’altro; ed infine lo spazio ad esso collegato, spazio caratterizzato da nicchie che confluiscono in un cancello che conduce fuori dalla Mole. Fuori, a poca distanza vi è il viale con i portici, che, come Quargentan mi suggerisce, rappresentano un contrappunto moderno a quello che sono le nicchie dentro le mura.
Hexperimenta nelle nicchie della Mole, foto R.S.

Il progetto si è distinto per il metodo oltre che per l’idea in sé, in quanto Hexperimenta si è sin da subito aperta al pubblico creando ogni giorno uno spazio di riflessione e discussione completo di lavagna, libri, fra i quali spiccano il corposo Fenomenologia della percezione di Maurice Merleau-Ponty e L’Arte del movimento di Rudolf Laban, e delle spiritosissime sedie di cartone messe a disposizione da Kshop. La fotografa Viviana Falcioni ha seguito il progetto in ogni sua fase documentandolo con foto che giocano con la struttura architettonica della Mole e i corpi in movimento delle danzatrici. La pittrice Roberta Conti ha creato delle opere suggestive ispirate alle coreografie man mano che prendevano forma.

Corpi vestiti di bianco (architetto e fotografa incluse), in quanto si è scelto un colore che non contrastasse troppo con i colori neutri delle mura.

E poi il titolo, Apparizioni e sparizioni, che rimanda proprio al contrasto e/o interazione fra lo spazio architettonico e il corpo umano. Il corpo in alcuni momenti scompare e in altri viene esaltato dagli spazi che lo circonda. E lo si è visto nelle coreografie che sono state presentate il giorno 11 agosto. In quella lungo l’ingresso le danzatrici camminano su e giù, camminano dietro o di fianco ad un passante, ne prendono per mano un altro (a me è successo così) portandolo a sedersi alla fine del corridoio, si accostano al muro ed eseguono dei movimenti a terra. Si muovono in due o singolarmente o tutte insieme (tre in tutto, dato che Montefalcone non è potuta intervenire per problemi di salute), rispondendo comunque al movimento dei passanti, al loro non movimento (soprattutto quando il pubblico si rende conto di poter essere pubblico e non ‘solo’ passante e quindi si ferma a guardare) oltre che alla struttura dell’ingresso che presenta uno spazio che si sviluppa in lunghezza. Il camminare è collegato proprio a questo elemento, alla locomozione lungo una linea. E questa locomozione viene sottolineata in modo raffinatissimo dal flauto traverso di Marta Senesi, le cui note sembrano dare ulteriore voce sognante al luogo già di per sé evocativo.

Nel secondo spazio le danzatrici si appoggiano alle grandi mura quasi come a voler saggiare un po’ della loro solidità, poi eseguono una coreografia che le distanzia l'una dall'altra per poi riunirle lungo la stessa linea. Il pubblico in questo caso è chiamato a restare fermo e a guardare da lontano le tre figure in bianco muoversi. La prospettiva è quindi panoramica e l’atmosfera più simile a quella di un teatro rispetto alla sezione precedente in cui lo spazio limitato e l’interazione col pubblico creano un clima intimistico condito dall’ironia.

Ad aprire le terza sezione vi è “Il muro”, poesia nata dalla penna di Olivia Falà, una passante che è rimasta affascinata dalla performance, poesia che Verrocchio scrive su di un grande foglio di carta. Gli ultimi versi mostrano il risuonare dei corpi e del luogo: “Di questo muro silente/senza luogo e senza momento/di mattone in mattone/ il rumore sento/di crepa in crepa /trovo lo spazio e il tempo”. Il pubblico è quindi divenuto anche qui parte integrante dello spettacolo. Segue poi la fase danzata lungo le nicchie che alterna linee e curve con il ‘liberatorio’ fuoriuscire dal cancello per sparire oltre il parcheggio antistante. A fornire qui la musica è Alessandro Cintioli, del gruppo musicale Contradamerla, che ha espressamente composto un pezzo per questo progetto. Il pubblico in quest’ultimo momento è chiamato a seguire le danzatrici, a spostarsi, a guardare le nicchie della Mole animarsi di nuovi significati proprio grazie al movimento.

Il progetto è divenuto anche una bellissima mostra allestita dentro gli spazi della Mole.


7 ottobre 2013