Gli studi critici su
Martha Graham stanno finalmente prendendo il via. Di recente, in lingua
inglese, sono stati pubblicati due volumi importanti, Martha Graham in Love and
War (2012) di Mark Franko e Martha Graham – Gender & The Haunting of a Dance
Pioneer (2013) di Victoria Thoms. A parte questi testi, la maggior parte degli studi su di lei
in forma di libro si sono concentrati su di una prospettiva biografica.
Un’eccezione è emersa prima di questi due studi che ha contribuito a dare
un’impronta diversa a quelli che potremmo (anzi dovremmo) definire i Graham Studies. Si tratta della
monografia critica in italiano di Susanne Franco, pubblicata per la prima volta
nel 2003 e ristampata nel 2006. Intitolata semplicemente Martha Graham,
analizza l’opera della coreosofa statunitense seguendo dei concetti-chiave come
politica, sesso e religione che servono a tracciare dei percorsi critici lungo
la fertile produzione grahamiana. Non è un testo semplice per chi è digiuno di studi critici e teorie di genere, ma è un testo importante perché ci mostra Graham secondo una prospettiva critica complessa, senza ridurla sempre e solo a mito inossidabile.
Il testo si apre con
un’accurata introduzione a Graham in un contesto, quello della rivoluzione
operata da Isadora Duncan e altri esponenti della cosiddetta “danza libera”, caratterizzato da un cambiamento fondamentale nella concezione del corpo
in movimento, che non viene più considerato “come un’entità prelinguistica e
pre-culturale, ma come l’espressione di convenzioni culturali”. Franco aggiunge
che “ogni tecnica di danza non soltanto esprime le relazioni esistenti tra
corpo e società, ma anche le opinioni che all’interno di un preciso orizzonte
culturale si formano in merito agli scopi di quest’arte”. La tecnica Graham si
sviluppa, in questo senso, a partire dal corpo di Graham, dal suo vissuto,
dalle sue esperienze, dal suo bisogno di esprimersi in un mondo pieno di forti
cambiamenti. È stato il frutto di una costante sperimentazione che, assieme
all’insegnamento e alla pratica coreografica, ha poi portato a quella
grammatica del corpo che conosciamo oggi. Movimento base è l’alternarsi della
contraction-and-release, la contrazione e la distensione del torso in base alle
quali le altri parti del corpo poi si muovono. Franco tratta delle figure
importanti che hanno contribuito allo sviluppo della coreosofia grahamiana,
come Ruth St. Denis, la sua insegnante di danza presso la scuola Denishawn,
Louis Horst, il musicista, compositore, mentore e per un periodo anche amante,
John Martin, il giornalista critico di danza del New York Times, ed Erick
Hawkins, danzatore col quale ebbe una duratura relazione e che poi sposò (a dal quale divorziò).
Enumerate sono anche le prime coreografie e i primi capolavori, come Lamentation
(1930), Primitive Mysteries (1931) e American Document (1938).
La seconda parte è, principalmente, incentrata sulla politica in riferimento a Graham, fatto questo
che può sembrare inappropriato, ma che trova nella sua produzione degli anni
Trenta, un’interessante e acceso dibattito sulla danza. È in questo periodo che
prende il via un nuovo rapporto fra danza e politica con la New Dance Group, che
proponeva un tipo di danza impegnata che riflettesse la difficoltà dei tempi. Fra
i suoi membri vi erano anche danzatori della Compagnia di Graham, come Jane
Dudley che compose l’assolo Time is Money (1934) danzato sulle parole dell’omonima
poesia di Soul Funaroff. Siamo nel decennio che segue la Grande Depressione,
decennio permeato dalla paura del comunismo che, nel dopoguerra, con il
senatore McCarthy, si tramuterà in una vera e propria caccia alle streghe. Questi
danzatori appartenevano alle file della sinistra radicale e intendevano avviare
una rivoluzione attraverso la danza, puntando su di uno stile di movimento
semplice e su contenuti forti. A sostenere questi propositi vi erano anche
delle riviste, come il New Masses che, ad un certo punto, coinvolse
direttamente Graham nel dibattito. Graham, infatti, era già divenuta una
presenza importante nel panorama della danza del tempo e nei suoi lavori si era
spesso concentrata sul rapporto fra individuo e società con uno stile e
tecnica fortemente marcati. Per questo fu accusata di eccessivo formalismo e di
non abbracciare la causa della sinistra. Graham non intendeva impegnarsi
esplicitamente in queste questioni, ma il dibattito la influenzò nella
creazione di alcune coreografie, come lo splendido assolo Deep Song (1937),
ispirato alla Guerra Civile Spagnola.
La terza parte si occupa
della fase successiva della produzione grahamiana, con un accento particolare
rivolto ai suoi ritratti femminili, ritratti che assumono man mano un carattere
profondamente introspettivo e che si rifanno a figure letterarie, bibliche e
mitologiche. È di questo periodo la coreografia Letter to the World (1940),
dedicata ad Emily Dickinson, o anche Deaths and Entrances (1943) ispirata alle
sorelle Brontë, Herodiade (1944) che riprende una poesia di Mallarmé, Seraphic Dialogue
(1955) dedicata a Giovanna D’Arco, Embattled Garden (1958) ispirata ad Adamo ed
Eva e così via. Franco sottolinea come “in questa costante tensione tra
ribellione ai tradizionali canoni della femminilità e accettazione di un
destino che faceva quasi sempre soccombere le eroine davanti al dominio
maschile, si è posta (…) gran parte della sua produzione degli anni Quaranta e
Cinquanta”. In questo filone si inserisce anche la versione che Graham compone
del Rite of Spring (1984), coreografia culto del Novecento creata da
Vaslav Nijinsky nel 1913 e reinterpretata da numerosissimi coreografi dopo di
lui. Anche in questa visione, Graham pone la sua interpretazione significativa che
mette al centro una protagonista femminile lacerata dalla paura e dal tormento.
La quarta parte è
dedicata allo spazio della scrittura, spazio troppo spesso ignorato dai
critici. Danzatori e coreografi, infatti, spesso lasciano volumi e quaderni di
notazioni e appunti che sono uno strumento a volte preziosissimo per capire la
loro visione. E Graham eccelse anche in questo con i suoi Notebooks, serie di
annotazioni di vario tipo che vennero pubblicate nel 1973. A corredare questa
parte vi è un excursus sul rapporto fra danza e altre arti, come la musica, la
scenigrafia e i costumi.
La quinta parte è
dedicata alla controversa battaglia legale che è scoppiata dopo la sua morte. Designando
come unico erede il suo braccio destro degli ultimi anni, Ron Protas, poco esperto
della sua tecnica come del suo repertorio, Graham ha di fatto messo a rischio
la preservazione del suo lavoro per le generazioni future. Il Martha Graham
Center ha però ingaggiato una battaglia dalla quale è uscito quasi del tutto
vincitore e la Compagnia è ora in grado di sfoggiare quasi tutti i capolavori
creati dalla sua fondatrice. “A chi appartiene la danza?” si chiede Franco. È questa
una domanda ancora senza risposte certe e che alcune grandi Compagnie
internazionali, come quella di Antonio Gades e di Merce Cunningham, stanno
gestendo a modo loro.
Chiude il testo una serie
di apparati che includono una breve delineazione della vita di Graham, una
sezione iconografica, una ballettografia, una videografia e una bibliografia
essenziale.
28 aprile 2014
Salve Rossella, sono alla ricerca di testi-possibilmente in Italiano- relativi alla tecnica del metodo Graham.tempo fa ho seguito delle lezioni di un ballerino della sua compagnia, qui a Bristol ma, nn essendo più possibile ora,vorrei poter studiare e proseguire lo studio della tecnica in maniera autodidatta e personale.avrebbe qualche titolo da consigliarmi?i testi in giro sembrano tanti ma, vorrei trovarne uno piuttosto tecnico che ne analizzasse la tecnica piuttosto che biografia.attendo un suo gentile riscontro.teresa
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