Cosa
c’è nei nomi? Quali segreti vi si celano? Film, romanzi, serie TV,
familiari e molto altro. Nei nomi c’è un potere evocativo che a
volte sfugge ogni definizione. Pensiamo a Cassandra, Jack, Marilyn,
Maria, Joyce, Amleto. Ma i nomi rivelano storie, storie importanti, a
volte scomode. Prendiamo l’esempio di Domingo, che vuol dire
domenica in spagnolo. Domingo è il personaggio del servo nel
balletto Paul et Virginie di Pierre Gardel su musiche di
Rodolphe Kreutzer. Ambientato nelle isole Mauritius, racconta la
storia d’amore fra Paul e Virginie e del rapporto armonioso fra gli
europei e i nativi dell’isola. Debuttò a Parigi nel 1806 come
balletto pantomimico dove le punte non venivano ancora utilizzate.
Sarà La Sylphide nel 1832 a iniziare la rivoluzione delle
punte.
Tornando
a Domingo, egli rappresentava un nero, ma venne impersonato dal
bianco Auguste Vestris in blackface, ossia col viso e corpo dipinti
di nero, il che ricorda il minstrel show statunitense, un tipo di
intrattenimento popolare dove i bianchi interpretavano i neri in
blackface in modo stereotipato. Solo che il minstrel show nasce più
tardi, fra gli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento. Il balletto
di cui parliamo
risale però al 1806 a dimostrazione che il blackface nasce prima,
molto prima, forse in epoca rinascimentale.
In Paul
et Virginie,
secondo Judith Chazin-Bennahum, i
bianchi in blackface erano così neri da spaventare il pubblico, per
cui Gardel decise di sfumare la loro nerezza in un marrone più
chiaro. E qui vediamo tutta la presunzione dei bianchi nel decidere
quanto neri dovessero essere i neri. Senza contare la questione
blackface in sé, un ulteriore modo per affermare la neutralità
della propria bianchezza. Siamo bianchi, superiori e possiamo pure
essere neri.
Ma
perché il nome Domingo? Qui per me sta un altro nodo del balletto.
Quasi tutti gli altri personaggi hanno nomi francesi, compresa la
moglie di Domingo, Marie. Perché quindi non Dominic o che so io,
Philippe, Stéphane? Per diverso tempo ho cercato di capire da dove
venisse la scelta di questo nome e poi un’idea finalmente mi è
venuta. Domingo potrebbe far riferimento a quella che era la colonia
francese di Santo Domingo nell’isola di Hispaniola, una delle
principali isole delle Antille, che fu una colonia europea nel Nuovo
Mondo (nuovo per gli europei, ovviamente). Nel 1665 la colonia passò
dal dominio spagnolo (da cui Santo Domingo) a quello francese, fino
al 1791, quando l’insurrezione degli ex schiavi portò alla
rivoluzione haitiana, detta poi anche dei giacobini neri. La
rivoluzione terminò con la vittoria degli ex schiavi nel 1804, un
fatto senza precedenti. E allora penso al debutto di Paul et
Virginie e al nome Domingo, che a due anni dalla rivoluzione
haitiana, era probabilmente divenuto scomodo.
Per
approfondire:
Chazin-Bennahum,
Judith, The Lure of Perfection – Fashion and Ballet 1780-1830
(New York: Routldge, 2005).
Cockrell,
Dale, Demons of Disorder – Early Blackface Minstrels and Their
World (Cambridge: Cambridge University Press, 1997).
James,
Cyrill, I giacobini neri – La prima rivolta contro l’uomo
bianco, trad. R. Petrillo (Roma: Deriveapprodi, 2015).
Pappacena,
Flavia, “Storia della danza. Alla riscoperta dei balletti
dimenticati – Paul et Virginie”, Giornale
della danza,
https://giornaledelladanza.com/storia-della-danza-alla-riscoperta-dei-balletti-dimenticati/
(consultato il 4 luglio 2020).
Paul
et Virginie, cor. Pierre Grdel (Parigi: Théâtre St. Cloud, 12
giugno 1806).
Paul
et Virginie, ballet-pantomime en trois actes, libretto (12 giugno
1806).
NOTA
– Il libretto, consultabile su gallica, portale digitale della
Bibliothèque Nationale de France, riporta la data e luogo
sopra-indicati, ma un libro di riferimento per l’epoca, The
Paris Opéra Ballet, di
Ivor Guest, riporta la prima al 24 giugno, presso l’Opéra di
Parigi.
9 luglio 2020
9 luglio 2020
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