E se nel passato alcune figure storiche si fossero conosciute? Se entrassimo nelle pieghe del tempo e le smuovessimo un po’? Prendiamo l’esempio di Sara Baartman e Marie Taglioni. La prima era conosciuta come la Venere ottentotta e la seconda come la leggendaria interprete de La Sylphide. Baartman morì nel 1815 ultratrentenne, quando Taglioni aveva undici anni. Eppure, eppure.
Baartman era sudafricana e, come hanno notato Clifton Crais e Pamela Scully, aveva vissuto le violenze della schiavitù e servitù, passando da un padrone all’altro, vivendo una storia d’amore con un europeo e vedendo la morte dei tre suoi bambini. Dato che aveva un posteriore molto grande, iniziò ad essere esibita come freak nell’ospedale militare di Cape Town, dove acquisì il suo nomignolo: Venere dalla dea della bellezza e ottentotta dal termine dispregiativo con cui la sua cultura Khoekhoe veniva designata dai coloni olandesi. L’atto coloniale, razzista e sessista di esibire Baartman non si fermò in Sud Africa ma continuò a Londra e Parigi dove poi ella morì.
E il suo corpo non fu lasciato in pace neanche dopo la morte, in quanto fu dissezionato e ne fu fatto un calco in gesso, in nome della scienza. Fu poi esposto sia nell’Esposizione nazionale di Parigi del 1889 che in quella Internazionale del 1937. Fu usato per dimostrare “la cosiddetta inferiorità delle razze” dalla pelle scura, un assioma oggi cancellato, come cancellato è il concetto di razza, nonostante i suoi fantasmi continuino a ripresentarsi nella vita di tutti i giorni di africani e afrodiscendenti.
Taglioni era di padre italiano e madre svedese. Il padre, Filippo Taglioni, apparteneva ad una dinastia di danzatori ‘grotteschi’, che eccelleva nelle acrobazie e danze comiche. Marie non aveva un fisico proporzionato, aveva gambe magrissime e una schiena che tendeva a piegare in avanti. Quando studiava danza veniva presa in giro dagli altri allievi, ma nessuno si sognò di esporla come freak. Marie non si scoraggiò e iniziò un allenamento durissimo sotto la guida ferrea del padre: sei ore al giorno per esercitarsi nei passi e nei salti. Marie manteneva ogni posa contando fino a cento, “una sfida agonizzante anche per i più forti danzatori di oggi” secondo Jennifer Homans.
Taglioni sviluppò così una potenza muscolare notevole, perfezionando la tecnica della danza sulle punte che, come afferma Alessandro Pontremoli, a differenza di oggi, era un “reggersi sull’arco delle dita” del piede. Taglioni incluse anche i suoi limiti corporei nel suo stile fatto di semplicità e virtuosità e lo propose al pubblico parigino, fra gli altri, nel balletto La Sylphide del 1832, dove interpretava una silfide, etereo spirito dell’aria. Parigi la incoronò come ballerina straordinaria, perfetta incarnazione del Romanticismo.
Cosa sarebbe accaduto se Baartman e Taglioni si fossero conosciute? Avrebbero parlato di danza? Avrebbero danzato insieme? Forse. Eppure non è accaduto e lo stesso mondo che ha relegato l’una a freak, ha celebrato l’altra come star.
QUI si può ascoltare la puntata.
Per approfondire:
Crais, Clifton, Scully, Pamela, Sara Baartman and the Hottentot Venus – A Ghost Story and a Biography (Princeton: Princeton University Press, 2009).
Homans, Jennifer, Gli angeli di Apollo. Storia del balletto, trad. D. Fassio (Torino: EDT, 2014).
La Sylphide, cor. Filippo Taglioni (Parigi, 1832).
6 agosto 2020
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