venerdì 2 ottobre 2020

Adattamenti


Quando andiamo al cinema a vedere un film ispirato ad un romanzo spesso ci affrettiamo a dire, “il libro era meglio”, “il film non rende la storia” e così via. E quando andiamo a vedere la danza ispirata ad un opera letteraria cosa pensiamo? Si fa lo stesso raffronto? Forse meno, anche se diversi classici, come Coppélia e L’Après-midi d’un faune sono inesorabilmente legati ad un testo.

Qual è il rapporto fra danza e narrazione? È un rapporto complesso e sfaccettato che nel caso di trasposizione di un testo si chiama adattamento in danza. Non è semplice in quanto presuppone un modo di accostarsi alle arti in senso dialogico e comparativo. Allo stesso tempo è un percorso affascinante poiché permette di evidenziare le specificità di ogni arte e analizzare cosa l’una può dire tramite e sull’altra. Come nota Linda Hutcheon, l’adattamento può essere inteso come la “ripetizione con una variazione”.

Una coreografia di particolare interesse in questo senso è Letter to the World di Martha Graham creata nel 1940 e ricreata nel 1941. Dedicata ad Emily Dickinson, il lavoro suddivide la protagonista in due, con Colei Che Danza ad interpretare le parti danzate e gli assoli più articolati e Colei Che Parla a recitare parti di poesie e lettere di Dickinson. L’adattamento in questo caso quasi plasma una sua narrazione dalle poesie e vita della poeta, restituendole in danza e dando loro uno spessore particolare.

Non tutti gli adattamenti riescono col buco però. Un esempio è Woolf Works di Wayne McGregor del 2015. Ispirata a tre romanzi di Virginia Woolf, questo lavoro riesce meno di Letter a rendere la presenza della protagonista sul palco, data forse un’eccessiva insistenza sul suo legame con la morte. Si tratta di un’ottima coreografia ma di un adattamento poco riuscito.

Gli adattamenti possono anche rientrare nella stessa arte e in questo caso vengono a volte chiamati remake. Giselle di Mats Ek del 1982 è ormai un classico del genere con la trasposizione del mondo magico e crudele delle villi, presente nella versione del 1841, in quello di un manicomio. Ma, come sottolinea Ada d’Adamo, non si tratta di una parodia, bensì di una “rilettura strutturale” dove Ek entra in dialogo profondo con la tradizione.

Si potrebbe pensare, come lo si fa nel caso del cinema, che l’adattamento abbia un carattere di dipendenza e secondarietà rispetto al testo, testi o coreotesti adattati, ma non è proprio così. Non si tratta solo di appurare quanto il lavoro adattato sia rispettato, ma quanto la nuova versione faccia capire del o mettere in discussione il lavoro adattato stesso. Se, come sostiene Carolyn Steedman, citando David Carr, il concetto di narrazione rappresenta la struttura dell’esistenza umana, allora intervenire nelle narrazioni che ci circondano con gli adattamenti è fondamentale per interpretare in modo anche critico i nostri immaginari.

QUI si può ascoltare la puntata.


Per approfondire:


Coppélia, cor. Athur Saint Léon (1870).

D’Adamo, Ada, Mats Ek (Palermo: L’Epos, 2002).

Hutcheon, Linda, Teorie degli adattamenti. I percorsi delle storie fra letteratura, cinema, nuovi media, trad. G. V. di Stefano (Roma: Armando Editore, 2011).

L’Après-midi d’un faune, cor. Vaslav Nijinsky (1912).

Letter to the World, cor. Martha Graham (1940-41).

Giselle, cor. Mats Ek (1982).

Simonari, Rosella, Letter to the World: Martha Graham danza Emily Dickinson (Roma: Aracne, 2015).

Steedman, Carolyn, Dust (Manchester: Manchester University Press, 2001).

Woolf Works, cor. Wayne McGregor (2015).

 

2 ottobre 2020

Nessun commento:

Posta un commento