Domani sarò ad Oxford per la conferenza di un giorno Italy and the Classics. Il mio intervento è dedicato al danzatore pittore Alberto Spadolini. Qui di seguito il programma e qui maggiori informazioni.
giovedì 9 giugno 2016
mercoledì 18 maggio 2016
Spadolini, Ancona e il mondo
Italia Nostra, Teatrino
San Cosma, Ancona, 14 aprile 2016, ore 17.15
Alberto Spadolini è
ancora oggi un artista da riscoprire e l’evento, Alberto Spadolini, un anconetano nel mondo, organizzato da Italia Nostra
per celebrarlo, è stata una bella iniziativa che lo ha ricordato da vari punti
di vista. Ad aprire le danze vi è stato Marco Travaglini, nipote di Spadolini,
oltre che instancabile promotore della sua riscoperta. Dopo di lui ha parlato
Federica Bozzarelli, la restauratrice dei suoi quadri e infine la
sottoscritta, per tracciare un percorso del suo rapporto con la danza.
Travaglini ha parlato
della sua vita avventurosa, degli amici illustri, delle opere, delle
collaborazioni, sottolineando che nella sua indagine, moltissime persone ed
esperti da tutto il mondo lo hanno aiutato. Ha mostrato numerose immagini delle
sue straordinarie foto e dei suoi quadri, soffermandosi sui codici cifrati
all’interno di alcuni di essi, a detta del suo amico e principale fonte orale
della riscoperta, Alex Wolfson. Travaglini, in questo senso, ha
sottolineato l’importanza della sfera analizzandola in alcuni quadri, come Tau, che sembra esemplificare la storia della sua anima. Spadolini amò molto
Ancona, suo luogo di nascita, amava parlare anconetano, amava tornare ad
Ancona, andare al mercato e gustarsi il brodetto di pesce tipico della zona. Prima
di concludere il suo intervento, Travaglini ha invitato a fornire la sua
testimonianza il signor Mosconi, che conobbe Spadolini e che conosce anche il
luogo della sua nascita, “di fronte alla caserma” nella zona piano, zona di
operai.
18 maggio 2016
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Un'immagine del pubblico. |
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Marco Travaglini. |
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Federica Bozzarelli. |
Federica Bozzarelli ha trattato
del restauro dei quadri, effettuato, a seconda dei casi, con tecniche diverse,
come la tecnica meccanica dove ha utilizzato un bisturi per ripulire la tela, o
interventi di carattere più estetico e conservativo con l’uso, per esempio, di
colori a vernice. Ha mostrato diversi dipinti sui quali ha lavorato sia nella
fase di inizio che fine opera. In un paio di occasioni ha trovato altri quadri
sotto le tele che stava restaurando, come quello che si pensava fosse un
autoritratto dell’artista e che invece si è scoperto essere un suo ritratto da
parte della pittrice Teodora Clerici Tremi, come si evince da un articolo
pubblicato su Comoedia nel 1933.
La sottoscritta ha
parlato dello Spadolini danzatore con particolare attenzione alle sue danze di
stampo primitivista nella Parigi degli anni Trenta, accanto, e non solo, a
Josephine Baker. In particolare ho analizzato una delle sue foto più
significative e illustrato gli aspetti della sua danza nell’assolo che esegue
all’interno del film Marinella (1936) diretto da Pierre Caron con Tino Rossi come
protagonista.
Di nuovo grazie a Italia
Nostra per l’organizzazione e a Marco Travaglini per avermi chiesto di
intervenire. La riscoperta di Spadò, come veniva anche chiamato, continua e
riserverà certamente delle sorprese.
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Rosella Simonari e il pubblico. |
18 maggio 2016
martedì 17 maggio 2016
Adaptation and Dance Conference
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Trinity House, Leicester. |
A Leicester ha fatto freddo, ha
piovuto, nevicato e alla fine è uscito il sole, insomma il solito clima inglese.
Trinity House è una bellissima struttura con stanze confortevoli, luminose e
fornite di ogni strumentazione. La old chapel del complesso è stata
particolarmente affascninante per il discorso di apertura e la tavola rotonda finale.
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Apertura dei lavori. |
Io ero nella sezione dedicata alla
teoria, “Theorizing Adaptation & Dance”, moderato da Deborah Cartmell. È stato
un panel stimolante con idee anche provocatorie, come quella che prospetta l'adattamento in danza privo
di narrazione. Il mio intervento, “This
Choreotext Which is Not One: On Dance Adaptation Theory”, a seguito di quello
di Ramsay Burt e Giannandrea Poesio, ha analizzato lo status del coreotesto
nell’ambito degli Adaptation Studies.
Altre sezioni hanno presentato
prospettive significative, come quella dedicata alla questione culturale e
politica, “Cultural & Political Contexts”, o della sperimentazione, “Experimental
Practitioners”. La tavola rotonda finale ha messo insieme alcune delle
questioni emerse durante la giornata, come la relazione fra coreografia e
drammaturgia, il significato della ricezione e la cruciale importanza del contesto
per ogni tipo di analisi riguardo l'adattamento in danza.
A fine conferenza c’è stato un
breve aperitivo a cui è seguita una cena al ristorante indiano Kayal per
continuare a parlare della conferenza in un’atmosfera più rilassante.
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Una delle sezioni. |
17 maggio 2016
mercoledì 13 aprile 2016
Alberto Spadolini, un anconetano nel mondo
Domani sarò in Ancona per un breve intervento sul rapporto fra Alberto Spadolini e la danza, qui un mio saggio al riguardo.
13 aprile 2016
lunedì 29 febbraio 2016
Adaptation and Dance Conference
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Martha Graham in Letter to the World, foto di Barbara Morgan. |
Domani andrò a Leicester, Regno Unito, per prendere parte alla conferenza di un giorno Adaptation and Dance, che si terrà il 2 marzo presso il Centre for Adaptations della De Montfrot University. Qui il link al call for papers, il programma non è ancora online. Il mio intervento, "This Choreotext Which is not One: On Dance Adaptation Theory", tratta della definizione e stato del coreotesto e della sua fondamentale ridefinizione per i Dance Adaptation Studies. Per sostenere il mio argomento, porterò l'esempio di due significativi adattamenti in danza, Letter to the World (1940-41) di Martha Graham e Carmen (1983) di Antonio Gades.
29 febbraio 2016
giovedì 25 febbraio 2016
Alberto Spadolini - Danzatore, pittore, agente segreto
Ignazio Gori, Alberto Spadolini - Danzatore, pittore, agente segreto, Roma: Castelvecchi, 2015.
Alberto Spadolini (1907-1972)
è stato un interessantissimo artista del Novecento che merita di essere
studiato attentamente. Lungo la sua carriera si è imposto al pubblico
soprattutto come danzatore e pittore, seppure si sia occupato anche di cinema,
restauro e molto altro. Negli anni Venti visse a Roma frequentando il Teatro
degli Indipendenti di Anton Giulio Bragaglia. All’inizio degli anni Trenta si trasferì
a Parigi dove trovò lavoro presso lo studio di Paul Colin, celebre per i
manifesti di riviste come la Revue Negre
che lanciò l’esuberante Josephine Baker. Secondo quanto ritrovato fino ad ora, divenne danzatore di music hall per caso, a volte proprio come partner di
Baker. Entrò in contatto con numerose celebrità, come Dora Maar e Maurice Ravel
che fu particolarmente soddisfatto dell’interpretazione che egli fece del suo
Bolero. Seppur spesso visto come latin lover, visse una propria spiritualità
interiore come si evince dalle affermazioni fatte in diverse interviste o in
alcuni dei quadri che dipinse.
Come interpretare, infine, le diverse recensioni compiacenti sia su carta stampata che online? Forse che oggigiorno non si analizza più un libro in modo critico, a partire da una copertina così bizzarra e stonata? Che non si è in grado di farlo? O che la critica ormai si è ridotta a puro servilismo di un sistema editoriale in crisi?
25 febbraio 2016

La sua riscoperta è
dovuta al nipote, Marco Travaglini, che per più di un decennio ha lavorato alla
raccolta di materiale di ogni tipo per ricostruire un vita complessa e
ricca. Ha scritto più di un libro su di lui, moltissimi articoli, organizzato
e collaborato a svariati eventi. Ecco perché leggendo il libro di Ignazio Gori
ci si chiede subito come mai le informazioni fornite da Travaglini siano
presenti, spesso anche con inesattezze, ma Travaglini non venga mai citato e
anzi vi sia un misero accenno agli “eredi” a conclusione del libro.
Il perché va rintracciato
nella genesi del volume. Gori contatta Travaglini per parlargli del progetto,
Travaglini si informa su cosa Gori abbia pubblicato e, non ritenendolo adatto,
gli propone di farlo insieme. Gori rifiuta e la casa editrice Castelvecchi
decide comunque di proseguire con l'opera che quindi nasce fallata in
partenza. Poiché, come ho già cercato di spiegare qui, il lavoro di Travaglini
è passaggio fondamentale per ricostruire quello che sappiamo su Spadolini.
Ignorarlo o comunque non citarlo implica una mancanza di rispetto, etica e
metodo.
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Alberto Spadolini, foto Studio Iris Paris. |
Con questa premessa, si
comprende la scelta scellerata della copertina, del titolo ammiccante e della prospettiva
biografico-romanzata, scritta peraltro in una prosa che lascia spesso a
desiderare.
La copertina presenta il danzatore pittore a
testa in giù, ma non si tratta di una posa artistica, bensì del rovesciamento
di una foto dell’artista, probabilmente per ovviare ad eventuali proteste da
parte del nipote. Eppure, anche solo una ricerca superficiale su Spadolini,
mette subito in luce le splendide fotografie che gli vennero scattate dagli anni
Trenta in poi. La foto in questione è probabilmente ascrivibile alla versione del Pomeriggio di
un fauno che egli danzò nel 1933, versione che fu originariamente coreografata e danzata da Vaslav Nijinsky nel
1912. La sua posa è esemplificativa della presenza scenica e del fisico
scultoreo che spesso lo vide in scena indossando costumi succinti. È in relevé,
gambe in quinta posizione, braccia e mani tese lungo i fianchi ma discostate
dal corpo in modo da disegnare lo spazio in maniera geometrica. Occhi chiusi
truccati così come la bocca e per costume uno slip piumato scuro. La foto è
autografata. La casa editrice ha tagliato la parte inferiore e l’ha messa
sottosopra deturpandone la bellezza, la plasticità e il senso.
Poi il titolo che
aggiunge quell’“agente segreto” per creare suspense o curiosità, come se
l’essere o meno stato agente segreto per Spadolini fosse uno degli elementi
principali della sua vita. Su questo bisogna ancora studiare bene la
documentazione e capirne il ruolo e il peso, metterlo nel titolo significa
quanto meno di peccare di superficialità.
Venendo al libro in sé,
possiamo dire che riprende la maggior parte delle informazioni fornite da
Travaglini con l’aggiunta di ulteriori elementi non sempre veritieri o
verosimili. Non vi sono note atte a dimostrare quanto viene affermato, se non
uno sparuto esempio che non si comprende che ruolo abbia. Le note si mettono per
bene o non si mettono per niente. Vi è inoltre un’esigua bibliografia e cronologia alla
fine. Gori opta per una suddivisione in capitoli brevi e sottolinea come il suo
lavoro sia di tipo “frammentario e fiabesco”. Poche righe prima, però leggiamo
già delle affermazioni grossolane, “considerato tra i più grandi danzatori
italiani del Novecento, Spadolini è stato anche artefice di una pittura
originale, promotrice di un’‘estetica della danza’”. Sappiamo ancora poco sullo
Spadolini danzatore, affermare che fu uno dei più importanti addirittura del
secolo non risponde al vero e parlare della sua pittura sulla danza in termini
di estetica un po’ forzato. Ma il libro è pieno di forzature, spesso condite da
una retorica celebrativa artificiosa e poco credibile, “nonostante lo sforzo
dovuto alla concentrazione e la fatica, dopo tante ore di lavoro, i capelli
sono perfettamente in ordine, solo leggermente scomposti sulla nuca e un riccio
bellissimo gli scende sulla fronte, imperlata di sudore” e ancora, “dopo il
clamore suscitato dall’improvvisa esplosione di talento, Spadolini è nella
condizione di quei pochi privilegiati che si ritrovano baciati dalle labbra del
destino”.
Gori dedica un capitolo
ad un articolo particolarmente significativo dell’artista marchigiano,
“Impressioni d’America” (1935), che tratta di una sua tournée negli Stati
Uniti. Gori afferma che l’articolo è presente nella Bibliothèque Nationale de
France (ovviamente non è stato inserito nella bibliografia, come molti dei
riferimenti citati, di nuovo mancando di metodo), ci si chiede se è lì che sia
andato a consultarlo, se sì, come mai non ve se ne accenni nei ringraziamenti.
Però poi controllando il testo di Travaglini, si nota che l’articolo viene riportato per
intero nella sua traduzione italiana, aspetto che ci porta di nuovo a
interrogarci sulla scorrettezza dello scrittore e della casa editrice che ne ha
approvato il testo.
In aggiunta, la danza,
che è parte fondante della carriera di Spadolini, viene trattata con
sufficienza e pochezza di conoscenze e vocaboli, anche qui cadendo spesso nei
cliché, “Spadolini sembra andare oltre, spezzare il disegno della coreografia,
mettendoci del suo. Non si preoccupa della tecnica dei passi; predilige la
passione che incorpora in ogni singolo movimento muscolare”. E poche righe dopo
una delle numerose inesattezze, questa particolarmente grave in quanto Gori sostiene che i Balletti Russi di Sergei Diaghilev furono fondati da George Balanchine di cui si fornisce la traslitterazione del nome dal cirillico e non
quella comunemente usata e che anzi gli fu data proprio da Diaghilev. Balanchine
fu l’ultimo coreografo della celebre compagnia di danza che non nacque nel 1911, come egli asserisce, ma nel 1909.
Ci sarebbero stati altri
modi per scrivere un libro su Spadolini, ci si chiede se Gori conosca il testo
teatrale Alison’s House (1930) di Susan Glaspell
che riprende la poeta Emily Dickinson e ne fa un’opera magistrale. Glaspell non
ebbe il permesso da parte degli eredi di usare il nome e le poesie di Dickinson
e allora cambiò i nomi e scrisse un’opera incentrata su cosa avvenne dopo la
morte della poeta, su come i familiari la ricordarono, su cosa venne fuori
dalle tensioni fra le diverse generazioni e via dicendo. Ma Gori non è
Glaspell.
Un altro modo, forse il
più sensato, sarebbe quello di utilizzare il metodo microstorico e studiare e
interpretare le fonti in modo approfondito, come ha fatto in modo esemplare e
facendo scuola, Carlo Ginzburg ne Il
formaggio e i vermi (1976). Ma Gori non è Ginzburg.
Come interpretare, infine, le diverse recensioni compiacenti sia su carta stampata che online? Forse che oggigiorno non si analizza più un libro in modo critico, a partire da una copertina così bizzarra e stonata? Che non si è in grado di farlo? O che la critica ormai si è ridotta a puro servilismo di un sistema editoriale in crisi?
25 febbraio 2016
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