giovedì 20 giugno 2019

Spadò – Il danzatore nudo: un documentario su Alberto Spadolini


                                                      Trailer ufficiale del documentario.

Le soffitte a volte rivelano mondi interi, impolverati e dimenticati. Spadò – Il danzatore nudo inizia in una soffitta con un’atmosfera polverosa e vintage e una sveglia, in quanto questo è un viaggio nel tempo che ci riporta indietro di un secolo: Alberto Spadolini (1907-1972), un giovane marchigiano di Ancona se ne va a vivere a Roma negli anni Venti dove studia pittura per poi partire per la Francia dove diviene un famoso danzatore di music-hall nel 1932.

La riscoperta di Spadolini è iniziata nel 1978 proprio in una soffitta, dove suo nipote, Marco Travaglini, ha trovato una scatola piena di documenti di ogni tipo (fotografie, articoli, poster ecc.) sulla vita dello zio in Francia. Spadolini non parlava del suo ruolo di danzatore e Travaglini è rimasto sorpreso da quello che ha scoperto. Tornato sul materiale nel 2004, ha metodicamente iniziato una ricerca sul passato segreto dello zio. Il documentario evoca un’atmosfera d’altri tempi quando Travaglini parla nella soffitta, “ogni tanto veniva a trovarci questo zio particolarmente misterioso (…) era uno zio molto amato, veniva a trovarci una, due volte l’anno, veniva con un macchinone americano enorme" e portava i regali per i nipoti.

Riccardo De Angeli e Romeo Marconi hanno diretto il primo documentario su questo artista poco conosciuto, in collaborazione con Marco Travaglini, direttore de l’Atelier Spadolini. Spadò era il nomignolo col quale Spadolini veniva chiamato dagli amici e qualche volta dalla stampa. Il titolo fa inoltre riferimento al fatto che spesso egli danzava quasi nudo e non deve essere confuso con il titolo omonimo del libro di Travaglini del 2012. Il documentario è un viaggio affascinante suddiviso in tre piani collegati fra loro: il primo dedicato al materiale su e di Spadolini, il secondo incentrato sulle persone che lo conobbero (i nipoti e un amico) o conoscono il suo lavoro (un giornalista, uno scrittore, uno storico dell’arte, la sottoscritta in qualità di storica della danza ecc.) e il terzo rappresentato dalla musica ispirata a Parigi del Nicoletta Fabbri Quartet, un membro del quale è Stefano Travaglini, fratello di Marco).

Il giornalista e scrittore Alberto Bignami racconta la nascita di Spadolini come figlio illegittimo: sua madre, Ida, lavorava come domestica nella casa di una famiglia aristocratica, ebbe una relazione con il suo padrone, restò incinta e fu per questo licenziata. Stava per lasciare Ancona quando incontrò il ferroviere Angelo Spadolini che si guadagnò la sua fiducia e accolse lei e il suo bambino a casa sua.

Lo scrittore e filosofo Antonio Luccarini parla del giovane Alberto e della sua attitudine per il disegno che lo portò a studiare con l’artista locale Armando Bandinelli. Si spostò poi a Roma per studiare col pittore del Vaticano Giambattista Conti. Nella capitale frequentò il Teatro degli Indipendenti di Anton Giulio Bragaglia dove molti artisti dell’avanguardia si trovavano. Secondo lo storico dell’arte Stefano Papetti, Spadolini “è una figura che certamente (...) merita di essere meglio indagata”. C’è nei suoi quadri un dinamismo che potrebbe derivare dal suo contatto con i pittori futuristi che probabilmente incontrò al Teatro.

Una buona parte del documentario è dedicata alla presunta amicizia fra Spadolini e Gabriele D’Annunzio, della quale Travaglini ha parlato sin dal suo primo libro sullo zio, Bolero-Spadò: Alberto Spadolini, una vita di tutti i colori (2007). Lo storico dell’arte, biografo e illustratore Philippe Jullian ringrazia Spadolini nella pagina dei ringraziamenti del suo libro su D’Annunzio, del 1971, “Spadolini, il celebre ballerino, mi ha raccontato il soggiorno, fatto da giovanissimo, al Vittoriale”. Il Vittoriale degli Italiani è quel complesso di costruzioni promosse da D’Annunzio a Gardone Riviera sul lago di Garda. Lì passò l’ultima parte della sua vita ed è lì che pare abbia conosciuto Spadolini nel 1924. Jullian non nomina esplicitamente Spadolini nel testo, ma quando si legge di un giovane decoratore che diviene amico di D’Annunzio e poi se ne va in Francia, possiamo facilmente ricollegarci a quello che l’autore dice nella pagina dei ringraziamenti. Questo collegamento è stato corroborato da uno degli amici di Spadolini, Patrick Oger che ha confermato a Travaglini che il giovane decoratore del libro è Spadolini. Nel documentario, lo storico e biografo Giordano Bruno Guerri, che ha scritto su D’Annunzio, sottolinea la possibilità di questo incontro anche se le fonti non sono abbastanza consistenti.

Locandina del documentario.
Un altro aspetto della vita di Spadolini che manca di fonti consistenti è il suo possibile ruolo di agente segreto. Lo scrittore e saggista Fabio Filippetti afferma che quando si parla di servizi segreti “è difficile avere informazioni”. Tuttavia, Spadolini era un artista conosciuto e poteva spostarsi in luoghi differenti senza destare sospetti. E la questione interessante è che “lo troviamo (…) in città strategiche in particolare durante la [Seconda] guerra mondiale”. Travaglini spiega il suo punto di vista citando, tra le altre cose, l’amicizia fra Spadolini e Ives Gilden, un appassionato di codici cifrati. È possibile che ulteriore materiale emergerà col tempo.

Il mio compito era di parlare dello Spadolini danzatore. Ero molto nervosa durante l’intervista e non ho detto tutto quello che avrei voluto dire. Definisco Spadolini un danzatore primitivista in quanto danzò in numeri ispirati a quelle culture che al tempo erano considerate primitiviste. Il primitivismo è un concetto complesso, coloniale e controverso e abbraccia vari campi come l’arte e la letteratura. All’inizio del XX secolo ebbe a che fare con il fascino occidentale per le culture altre i cui lavori iniziarono ad essere considerati come arte e ispirarono molte forme artistiche occidentali. Les demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso è l’esempio che si fa di solito. Non faccio riferimento a questi aspetti nell’intervista, ma De Angelis e Marconi si sono concentrati su una delle poche performance primtiviste registrate che sono state ritrovate su Spadolini, il suo assolo del 1936 nel film Marinella di Pierre Caron. Spadolini si muove quasi nudo su di un piccolo palco a forma di tamburo, rappresentando forse un rituale di una cultura primitivista e mescolando diverse tecniche di danza come la classica e il flamenco. Spadolini era anche famoso per il suo Bolero su musica di Maurice Ravel che probabilmente presentò nel 1933 e fu notato per l’interpretazione in Gigue su musica di Bach lo stesso anno.

Nel documentario Luccarini sottolinea come Spadolini divenne danzatore “senza conoscenze tecniche” e prima di lui io stessa cito l’articolo di Jenny Josane del 1941 dove Spadolini lo conferma. Però ci sono altre fonti che contraddicono questa ed è molto probabile che studiò danza durante il periodo romano. In aggiunta, a seguito del debutto al Casino de Paris nel 1932, iniziò a prendere lezioni da due insegnanti di balletto, Alexandre Volinine e Blanche D’Alessandri.

Di particolare interesse è la testimonianza di Sergio Sadotti. Conobbe Spadolini negli anni 1957 e 1958 quando l’artista andava a Porto Sant'Elpidio per far visita alla sorella che abitava sotto di lui, “Alberto si imponeva immediatamente per la sua personalità, una grande personalità, eleganza (…). Lo vidi dipingere quadri che poi spediva arrotolati al suo gallerista di Parigi”.

Queste e altre interviste sono interfacciate con bellissime immagini della presenza statuaria di Spadolini e di Parigi. Per esempio scorrono frammenti video dal suo documentario in bianco e nero, Rivage de Paris,del 1950, rivelando monumenti della città come la Tour Eiffel e persone come il suonatore di fisarmonica la cui immagine viene finemente giustapposta a quella del Nicoletta Fabbri Quartet. Una canzone del Quartet è “J’ai deux amours” di Josephine Baker e risale al 1930, una canzone che si addice anche a Spadolini quando recita, “ho due amori, il mio paese e Parigi”.

De Angelis e Marconi hanno fatto un lavoro davvero significativo, a tratti superlativo, anche grazie all’aiuto da parte di Travaglini per l’accesso ai documenti. Spadò – Il danzatore nudo, che è disponibile anche sottotitolato in inglese, è un’opera importante, un altro passo verso una maggiore comprensione dell'enigmatica figura di Spadolini.


20 giugno 2019

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